martedì 23 aprile 2013

La dimensione dello Spirito nelle Arti Marziali.
di Marco Galzenati

Chiunque si occupi seriamente di Arti Marziali si rende conto che Il maggior fascino di queste rispetto ad altre attività di tipo motorio, risiede principalmente nel profondo legame che sussiste tra le Arti Marziali e al dimensione della religiosità iniziatica. 

Fondamentalmente le arti marziali di matrice cinese sono legate o al buddismo come gli stili del Kung–Fu Shaolin, o al taoismo come il Tai-chi, mentre quelle di matrice giapponese sono essenzialmente legate alla tradizione Zen (commistura giapponese di taoismo e buddismo).
Radice di tutta la tradizione marziale Giapponese è il Bushido, letteralmente la via del guerriero, è molto interessante scoprire come nel Bushido esista una doppia lettura, una più superficiale di tipo mondano, come la fedeltà e l’obbedienza del Samurai (Cavaliere) al proprio signore feudale, e una più sottile, meno evidente di ordine esoterico.
Siccome il palese è evidente in quanto tale, ci occuperemo della dimensione esoterica, troppo spesso non trattata adeguatamente, in quanto assai poco conosciuta, e spesso erroneamente associata, a morali religiose di tipo biblico-monoteista (cattolica ebraica e mussulmana). 

Leggendo il codice del Bushido bisogna però essere molto accorti, ogni cosa detta ha più di un senso, bisogna ricordare che questo codice sicuramente nato da una mente (o delle menti) illuminata, doveva esistere e fare i conti con una delle culture più rigide e repressive dell’epoca quella dei Daimyo, i signori della guerra eternamente in lotta tra loro per il potere. Questo tipo di lettura è stata anche quella di Yukio Mishima da sempre assillato dall’idea della morte che fece dell’Hagakurè di Jocho Yamamoto, il proprio libro di elezione.
Proveremo dunque a seguire un altro percorso, guardando al Bushido come ad una chiave di interpretazione della vita, un esortazione a conseguire uno stato di autoliberazione e celebrazione dell’esistenza, un cammino per forza di cose solitario, verso la pienezza dell’essere.

Andremo di seguito ad analizzare alcuni dei punti più significativi di questo codice.

1) NON HO GENITORI CIELO E TERRA SONO I MIEI GENITORI. 

Questo è il primo dei diciassette punti del Bushido. E’ la dichiarazione iniziale,nel più puro spirito Zen, di un sentire dal profondo di appartenere ad una dimensione non duale.
Il Samurai che da questo momento forzando volutamente la mano (per la mente dei meno avvezzi) chiamerò l’Iniziato o anche il Sanniasin, il Ricercatore del Vero, l’Uomo dello Zen, non è radicato nella dimensione “umano-sociale”, egli rinnega la famiglia, base della società umana, per affermare il proprio legame prioritario con il tutto, con l’universo, egli non è parte, non è frammento, non appartiene alla dimensione “degli uomini”, egli è figlio del cielo e della terra, e figlio del tutto, dell’universo, i confini e le limitazioni, etiche, culturali e di parte non possono contenerlo.

Egli è figlio dei principi Taoisti del maschile e del femminile, il cielo e la terra, il figlio degli elementi contrapposti della tradizione alchimista occidentale, cielo-terra, acqua-fuoco.
Egli non ha legami che lo rendano parziale verso qualcuno o qualcosa, il suo legame prioritario il suo vincolo di nascita lo tiene fedele al tutto, e dunque a se stesso nella maniera più profonda, egli non è disposto a dimenticare di essere vincolato al Universo e dunque all’intera dimensione umana per interessi di parte, di famiglia, di gruppo, di amicizia, di patria o di qualunque altra forma di follia organizzata.

L’universo e la propria casa, l’umanità la propria famiglia, uno Spirito profondamente Nobile non gli permette di dimenticare la “Legge Universale” per meschini interessi di parte.
Il primo legame e con l’universo tutto il resto può aspettare.

Questo primo punto del Bushido introduce ad una prospettiva assolutamente differente da quella dei dieci comandamenti biblici, in cui l’onore dovuto al Padre e la Madre, ci spinge ad ereditarne i destini, già innumerevoli volte vissuti, in un ciclo continuo, scandito dalle nascite e dalle morti, dalle generazioni passate.

E’ una prospettiva nuova, un dire: “la tradizione intesa come cultura umana delle generazioni passate esiste, ma è mio compito pensarla comprenderla e superarla”.

l’Iniziato, (E qui Nietzche ci aveva visto giusto), è un ponte, un transitare, un crescere ed un divenire che lascia alle spalle il vecchio, per permettere al nuovo di nascere, al Ricercatore di scoprire in se stesso il Budda, all’umano di riscoprirsi divino, al Piombo di trasformarsi in Oro.

Ed è come creatore di se stesso che l’uomo dello Zen prende tutta la responsabilità che il vivere come essere cosciente e consapevole comporta. Egli non delega nulla al passato, riscopre in ogni momento della propria esistenza la pienezza ed il vuoto che vivere in un Mondo Meraviglioso e Terribile esige.

In breve il primo sentire del samurai e di essere figlio del cielo e della terra. 


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